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Lezione 3 – Corso di Elettronica Creativa con Arduino Sensor Kit

A distanza di qualche mese riprendo le mie brevi lezioni sull’uso dell’Arduino Sensor Kit, mi dispiace non stato celere nel produrre altre lezioni, ma gli impegni lavorativi mi hanno parecchio coinvolto.

Come già avevo avuto modo di segnalare nelle precedenti lezioni, per la realizzazione di queste guide prendo come riferimento l’indice presente sul sito Arduino e su quella traccia realizzo lezioni un po’ più approfondite che mi permettono poi di strutturare una lezione di laboratorio di circa due ore di attività.

Giusto per non far “arrabbiare” nessuno — mi riferisco a chi potrebbe critica le modalità con cui vengono presentati alcuni argomenti di elettronica — ricordo che queste lezioni sono dedicate a chi non ha mai affrontato lo studio dell’elettronica (neofiti o studenti della secondaria di primo grado e studenti dei primi due anni della scuola superiore), pertanto alcuni concetti richiedono chiarimenti e inevitabili semplificazioni, che consentiranno di riprendere gli stessi argomenti con maggiore facilità quando le competenze teoriche saranno più solide.

Gli obiettivi di questa terza lezione sono:

  • comprendere come funziona un pulsante a livello elettrico e meccanico.
  • sviluppare sketch via via più complessi:
    • accensione di un LED alla pressione del pulsante;
    • Indicazione dello stato del LED sulla SerialMonitor;
    • cicli di blink avviati da pulsante;
    • cicli di blink avviati da pulsante e segnalazione del numero di cicli.

Per lo svolgimento di questa esercitazione abbiamo necessità solamente dell’Arduino Sensor Kit ed utilizzeremo:

Il pulsante:

Il LED:

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In arrivo una nuova versione di EduRobot MicroMoto!

Da tempo avevo “nel pennino” un progetto che ancora non ho avuto modo di sviluppare pienamente: la realizzazione di una valigetta STEAM pensata per attività di Making didattico da utilizzare in più discipline.
Ora, grazie all’evoluzione di EduRobot MicroMoto, il progetto sta prendendo forma concreta.

Sto lavorando alla progettazione di una nuova versione di MicroMoto, realizzata in compensato: una struttura più solida e resistente rispetto alla versione precedente in cartone.
Ogni faccia del parallelepipedo è preforata, permettendo un’elevata espandibilità: sarà possibile collegare facilmente componenti elettronici, sensori, attuatori, elementi meccanici e strutturali, trasformando il robot di base in molteplici configurazioni differenti.

Questa nuova versione non sarà un oggetto a sé stante, ma il primo modulo di un progetto più ampio: una valigetta modulare STEAM che raccoglierà componenti, strumenti ed esperimenti pensati per integrare varie discipline — dall’elettronica alla meccanica, dalla fisica alla programmazione.
L’idea è costruire un percorso laboratoriale completo, dove ogni elemento della valigetta diventa parte di un sistema didattico aperto, personalizzabile e progressivo.

La spinta a dare concretezza a questo progetto arriva anche dal nuovo corso di robotica che avvierò tra poche settimane, per il quale desideravo proporre ai partecipanti una piattaforma ancora più solida, versatile e stimolante.

Nei prossimi aggiornamenti, racconterò più nel dettaglio sia l’evoluzione di MicroMoto sia la progettazione della valigetta e dei primi kit di esperimenti!

Idee STEAM: l’oloide, un oggetto affascinante per scoprire la bellezza della geometria e della matematica

Nell’ambito delle sperimentazioni per lo sviluppo di attività STEAM che sto conducendo, ho pensato di integrare le mie esercitazioni di modellazione e stampa 3D per gli allievi più giovani con la realizzazione di solidi geometrici per me affascinanti. Da quello che ho notato sono oggetti capaci di catturare l’attenzione degli allievi e stimolarne la curiosità. Tra le forme geometriche selezionate l’oloide si è rivelato particolarmente efficace: durante le prime sperimentazioni che ho condotto, gli allievi sembravano quasi ipnotizzati e parecchio curiosi nel vedere il suo movimento così insolito.

L’oloide è un solido geometrico scoperto nel 1929 dal matematico e scultore svizzero Paul Schatz. A prima vista, la sua forma può sembrare irregolare, ma in realtà è un oggetto matematicamente definito, costruito a partire da due cerchi identici disposti in un modo particolare nello spazio. Viene definito come “l’inviluppo convesso di 2 circonferenze di raggio R uguali tra loro, disposte su 2 piani ortogonali e tali che ognuna delle 2 passi per il centro dell’altra.”

Una delle sue caratteristiche più affascinanti è il modo in cui rotola: pur non avendo superfici piane di appoggio come una ruota, l’oloide si muove con un’oscillazione particolare, alternando punti di contatto con il piano su cui si sposta percorrendo una linea retta.

Questo movimento unico lo rende particolarmente interessante per attività didattiche, in quanto permette di esplorare concetti di geometria, fisica e cinetica in modo visivamente coinvolgente.

Il suo moto vacillante incuriosisce gli studenti e genera un effetto di sorpresa, diventando così un perfetto strumento rompighiaccio in classe. Credo possa essere utilizzato in diversi modi:

  • osservazione e discussione: si può chiedere agli studenti di ipotizzare come potrebbe muoversi prima di vederlo in azione.
  • esperimenti pratici: lasciarlo rotolare su superfici diverse e analizzare il suo comportamento.
  • collegamenti interdisciplinari: l’oloide può essere un punto di partenza per approfondire concetti di matematica, fisica e persino arte e design.

Questa forma geometrica come altre che sto selezionando, permettendo agli studenti di scoprire la bellezza della geometria in modo giocoso e coinvolgente pertanto ho pensato di utilizzarlo durante i corsi di stampa 3D in modo da favorire l’inclusione, la partecipazione e l’apprendimento attivo.

Online potete trovare numerosi progetti tra cui quello che vi allego:

Modello 3D dell’oloide

Il modello è pronto per la stampa, ma necessita di supporti per essere realizzato correttamente. Se volete portare l’oloide in classe, vi consiglio di sperimentare con diverse dimensioni e materiali per ottenere il miglior effetto possibile.

Buona sperimentazione 🙂

Risorse:

Arduino UNO R4 WiFi – DAC – generazione di onde sinusoidali, quadre e a dente di sega

Una delle nuove caratteristiche presenti in entrambe le schede Arduino Uno R4, Minima e WiFi, è l’inclusione di un singolo DAC a 12 bit. Questo può generare tensioni di uscita discrete da 0 a 5 volt. Poiché questa funzionalità può essere di estremo interesse nelle attività di laboratorio di Elettronica ne indico di seguito il principio di funzionamento per sviluppare future esercitazioni.

Principio di funzionamento

Un DAC, o Convertitore Digitale-Analogico (in inglese: Digital-to-Analog Converter), è un dispositivo che converte un valore digitale (in binario) in un valore analogico (segnali continui che possono assumere un’infinità di valori all’interno di un intervallo).
Si tratta dell’operazione inversa di quella eseguita da un ADC, o Convertitore Analogico-Digitale, che converte un segnale analogico in una rappresentazione digitale.

Il processo di conversione avviene in tre fasi:

  1. lettura in input dei dati digitali,
  2. conversione in analogico
  3. output del segnale analogico

Il DAC riceve in input un segnale digitale, che è rappresentato da una serie di valori binari (0 e 1), l’elettronica del DAC consente successivamente di convertire i valori binari in un segnale di output analogico che può essere utilizzato per pilotare dispositivi analogici come altoparlanti, motori, o altre apparecchiature che necessitano di un ingresso analogico.

Dal punto di vista pratico un DAC può essere utilizzato per creare un’uscita analogica a partire da un valore digitale utile per molte applicazioni, ad esempio per generare forme d’onda audio, per pilotare dispositivi che richiedono un input analogico, o per creare segnali di tensione variabile. Ad esempio nei sistemi audio un DAC converte i segnali audio digitali (come quelli presenti nei file MP3 o nei CD) in segnali analogici che possono essere riprodotti attraverso altoparlanti o cuffie.

Per semplificare ulteriormente nell’utilizzo con Arduino UNO R4, immaginate di avere un valore digitale che varia da 0 a 4095 (rappresentando un range di 12 bit). Un DAC potrebbe convertire questo valore in una tensione che varia, ad esempio, da 0V a 5V. Quindi, se il valore digitale fosse 512 (circa metà del range), l’uscita del DAC potrebbe essere di circa 0,6V.

Vediamo un esempio pratico.

Lo sketch che segue genera una forma d’onda sinusoidale o, meglio, una forma d’onda sinusoidale “simulata”. La frequenza della forma d’onda sinusoidale viene controllata da potenziometro.

Utilizzeremo un oscilloscopio per visualizzare l’onda sinusoidale, il collegamento è piuttosto semplice, abbiamo bisogno di un potenziometro lineare con una resistenza di 5 KOhm o superiore, io ho utilizzato un potenziometro da 10 KOhm.

La sonda dell’oscilloscopio deve essere connessa al pin A0 che viene usata come uscita del DAC. Il potenziometro ha il pin centrale connesso ad A5 (ingresso del DAC), un pin laterale connesso a 5V sulla scheda e l’altro pin laterale connesso a GND sulla scheda.

Se non possedete un oscilloscopio potete inviare l’output ad un amplificatore audio in modo che possiate ascoltare la tonalità generata, ricordate però che se procedete in questo modo bisogna assicurarsi che il controllo del volume sull’amplificatore sia al minimo, dopo di che lentamente aumentate il volume.

Il codice indicato di seguito è tratto dall’esempio di riferimento sul sito Arduino e all’interno degli esempi dell’IDE su cui ho inserito i commenti tradotti in italiano e fatto una piccola correzione.

La spiegazione del funzionamento la trovate nei commenti.

// Prof. Maffucci Michele
// Arduino UNO R4 Digital-to-Analog Converter (DAC)
// Sketch di esempio tratto da: https://docs.arduino.cc/tutorials/uno-r4-wifi/dac/

// libreria per la generazione di forme d'onda analogiche
#include "analogWave.h"

// Crea un'istanza della classe analogWave, usando il pin DAC
analogWave wave(DAC);

int frequenza = 10; // variabile intera che conterrà la frequenza rilevata

void setup() {
Serial.begin(115200);
// pinMode(A5, INPUT); // non necessaria perchè ingresso analogico
wave.sine(frequenza);
}

void loop() {
// legge un valore analogico dal pin A5 e lo mappa nell'intervallo 0 - 10000 Hz
frequenza = map(analogRead(A5), 0, 1024, 0, 10000);

// Stampa l'aggiornmento dell frequenza impostata sulla serial monitor
Serial.println("La frequenza e' " + String(frequenza) + " hz");

// Imposta la frequenza del generatore di forma d'onda sul valore aggiornato
wave.freq(frequenza);

// aspetta un secondo prima di ripetere la successiv rilevazione
delay(1000);
}

Volutamente ho lasciato commentata nel setup() la riga di codice in cui viene impostato il pinMode del pin A5 perché non è necessario inizializzare un pin Analogico, nell’esempio originale invece viene inizializzata.
A tal proposito per chi inizia con Arduino consiglio la lettura della guida: “Errori comuni nell’uso di Arduino – confondere pin analogici con pin digitali“.

Il risultato sarà il seguente:

E’ possibile quindi generare forme d’onda non solo sinusoidali, la funzione wave permette di impostare:

  • sine – onda sinusoidale
  • square – onda quadra
  • saw – onda a dente di sega

sarà sufficiente sostituire wave.sine(frequenza) presente nella sezione setup() rispettivamente con:

  • wave.square(frequenza);
  • wave.saw(frequenza);

Onda quadra:

Onda a dente di sega:

Buon Making a tutti 🙂

Guida all’uso di millis() – Lezione 1

Credo che una delle problematiche più ostiche da gestire soprattutto per i neofiti è l’utilizzo degli intervalli di tempo in cui eseguire operazioni con Arduino, mi riferisco all’uso e all’abuso improprio del delay(). Infatti gli studenti scoprono che, sebbene la funzione delay() sia facile da usare, ha degli effetti collaterali importanti; il principale è che ferma l’esecuzione dello sketch Arduino fino a quando non è trascorso il periodo di delay. Quando ciò accade, di solito chi spiega indirizza lo studente sull’esempio di defaut sulla temporizzazione non bloccante che troviamo nell’IDE di Arduino: BlinkWithoutDelay.

Molto spesso però questo confonde ancora di più le idee perché in realtà non si vuole solo far lampeggiare un LED ma si vogliono eseguire più operazioni contemporaneamente, quindi è bene comprendere a fondo il principio di funzionamento del BlinkWithoutDelay prima di poterlo applicare alla propria situazione.

Ho pensato quindi di realizzare qualche post tematico sull’uso di millis(), prendendo spunto dalle spiegazioni che realizzo per gli studenti.

Per usare millis() per la temporizzazione è necessario registrare il momento in cui un’azione si è verificata (ad esempio accensione di un LED ritardata alla pressione di un pulsante) affinché possiate iniziare a contare il tempo trascorso da tale evento, dovrete quindi controllare ad intervalli regolari se il periodo richiesto è trascorso.
Se tale intervallo di tempo non è trascorso allora il vostro programma potrà fare altro fino al prossimo controllo.

Nei programmi che seguono userò i commenti all’interno dello sketch per spiegare l’utilizzo delle varie parti del programma.

Ma cos’è millis()?

La funzione millis() restituisce il numero di millisecondi trascorsi dall’avvio del programma corrente su una scheda Arduino. Questo valore è restituito come un numero di tipo unsigned long.

Come Funziona

  • Incremento Automatico: il conteggio inizia automaticamente quando il microcontrollore sulla scheda Arduino viene alimentato o resettato. Il conteggio continua ad aumentare fino a che la scheda rimane alimentata.
  • Overflow: poiché millis() utilizza una variabile di tipo unsigned long, che ha una dimensione di 32 bit su Arduino, il valore massimo che può raggiungere è 4,294,967,295, dopo aver raggiunto questo valore, si andrà in overflow (ovvero Arduino non è in grado di memorizzare un numero più grande) e il valore restituito da millis() ripartirà da zero. Questo avviene dopo circa 49 giorni e 17 ore dall’ultimo reset della scheda.

Utilizzi di millis()

Di seguito una lista non esaustiva di alcuni utilizzi della funzione millis():

  • Temporizzazione non bloccante: a differenza di delay(), che ferma l’esecuzione del programma per un periodo specificato, millis() può essere utilizzato per realizzare pause o attese senza bloccare altre operazioni. Questo è particolarmente utile in applicazioni multitasking dove altre attività devono continuare ad essere eseguite.
  • Debounce: viene spesso usata per implementare il debounce di pulsanti o switch, riducendo gli effetti dei rimbalzi meccanici che possono causare letture multiple per una singola pressione.
  • Esecuzione di azioni a intervalli regolari: può essere utilizzata per eseguire specifiche azioni a intervalli regolari, come leggere sensori, aggiornare display, o inviare dati.

Pratica di utilizzo

Per utilizzare millis() per la temporizzazione, il vostro sketch deve conoscere il valore attuale del tempo (valore restituito da millis()) e questa rilevazione può essere fatto quando volete, in più punti dello sketch ovviamente dovrebbe essere fatta quando serve, ma vediamo cosa vuol dire.

Tipicamente il valore di millis() conviene registrarlo in una variabile ad inizio loop() o all’interno del setup() in questo modo:

millisCorrente = millis();

Regola di utilizzo:

  1. La variabile millisCorrente deve essere stata precedentemente dichiarata.
  2. Deve essere di tipo unsigned long perché millis() restituisce un intero long senza segno.

Regole generali che valgono per tutti i programmi che realizzerete, lo scrivo perchè puntualmente durante le correzioni qualcuno dimentica questa due regolette:

  1. Il nome della variabile, così come accade per tutte le variabili dovrebbe essere autoesplicativa, quindi il suo nome deve dare informazioni: “a cosa serve”
  2. Inoltre è buona regola utilizzare la notazione Camel Case per gestire nomi di variabili composte da più parole, ciò vale anche per le funzioni.

Come spesso accade durante le attività di laboratorio, lascio come semplicissimo esercizio per lo studente il desumere i componenti utilizzati e connessioni dagli sketch di esempio, quindi fate riferimento a quanto indicato in ogni singolo programma, si tratterà semplicemente di connettere dei LED con in serie un resistore da 220 Ohm. Per quanto riguarda l’ultimo esempio fate riferimento al link indicato che rimanda ad un altro post su questo sito.

Siete ora pronti per seguire le spiegazioni successive.

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