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Il Kaizen l’organizzazione e la scuola

Capita spesso di aver necessità di fermarsi e prendere fiato per riflettere sulla strada intrapresa. La necessità è stata trasformata in abitudine pertanto periodicamente analizzo in modo critico i progetti svolti nei mesi precedenti, da questa analisi nascono azioni di correzione, progetti nuovi, approcci metodologici lavorativi diversi.
Questi primi mesi d’anno sono stati assolutamente intensi, tanto lavoro e nuovi rapporti umani. Come sapete mi trovo a gestire un grande laboratorio collocato all’interno della mia scuola che si occupa di progetti dedicato alla diffusione della conoscenza nel settore della fabbricazione digitale e allo sviluppo e certificazione delle relative competenze e si rivolge ad aziende, università, associazioni e scuole di ogni livello.
Le dinamiche organizzative e di lavoro in questo periodo sono assimilabili sostanzialmente ad una FabLab moltiplicato per 10 per quanto riguarda le risorse tecnologiche in quanto in esso sono collocati apparati industriali importanti. Ma non è tutto, la formazione del personale della scuola è un’attività non semplicissima che mi sta coinvolgendo sempre più e mi sta permettendo di comprendere ancor di più le dinamiche e i meccanismi organizzativi di una parte di “scuola” che avevo in passato sempre cercato di evitare. Come i mie colleghi insegnanti sapranno le iniziative nate dai finanziamenti PNRR riguardo la formazione del personale della scuola richiedono una progettualità rapida e precisa che si scontra spesso con i vincoli imposti dall’amministrazione centrale, una strada impervia fatta di mille balzelli burocratici, ma come dice una persona con cui a volte condivido momenti di Yoga Caffè al bar della scuola: “piccoli passi per raggiungere obiettivi grandi”. Sto utilizzando tutte le startegie organizzative possibili per ottimizzare e giungere a riusltati utili, ma il processo lavorativo non è banale.
Quindi mi sono imposto modelli organizzativi nuovi, parto da tre punti semplici semplici:

  1. mi sono fermato
  2. inizio a leggere nuovi libri
  3. mi confronto con altri

Le ultime letture nascono dai consigli ripetuti da parte di Colleghi amici sull’uso di una specifica metodologia organizzativa che ben si adatta nell’industriale ma anche nella scuola, la Lean Organization, sapete che sono un po’ fissato su queste cose 🙂 .

Perchè vi parlo di questa Metodologia?
Tutto nasce dal fatto che l’istituto in cui lavoro è scuola polo sulla Lean Organization ed i miei colleghi: Alessandro V. e Giuseppe A. più volte me ne hanno parlato, la utilizzano moltissimo nelle loro classi soprattutto nei momenti progettuali e soprattutto nei Project Work in attività di PCTO e di applicazione del sistema duale, sono una costante all’interno della nostra scuola. La metodologia Lean permette senza alcun dubbio di aumentare la coesione all’interno di un gruppo di lavoro e giungere, nel minor tempo possibile e con pochi sprechi all’obiettivo. Alessandro da qualche tempo mi ha prestato il libro: Toyota Way – i 10 insegnamenti di Taiichi Õno ed ora per andare alle fondamenta sto leggendo anche: “Kaizen. Il metodo giapponese per cambiare in meglio la tua vita giorno dopo giorno”. Non mi dilungo sul dettaglio della metodologia vi fornisco solamente alcune indicazioni, lascio a voi la valutazione e la sperimentazione, io ho iniziato ad adottarla.

Primo libro

  • Titolo: Kaizen – Kaizen. Il metodo giapponese per cambiare in meglio la tua vita giorno dopo giorno
  • Editore: Newton Compton Editori (2 dicembre 2021)
  • Lingua: Italiano
  • Copertina rigida: 288 pagine
  • ISBN-10: 8822760239
  • ISBN-13: 978-8822760234

Il concetto di Kaizen si basa sull’idea che il miglioramento costante, anche se minimo, può portare a grandi risultati nel tempo. Questa filosofia è stata sviluppata in Giappone negli anni ’50 e ’60, quando le aziende giapponesi si sono rese conto che piccole modifiche ai processi produttivi potevano portare a grandi guadagni in termini di efficienza e produttività.

Il metodo Kaizen si applica a molti aspetti della vita, dalla carriera professionale alle relazioni personali, e incoraggia le persone a identificare piccoli miglioramenti da apportare alla propria routine quotidiana. Questi miglioramenti possono riguardare l’organizzazione del tempo, l’alimentazione, l’attività fisica, le relazioni interpersonali o qualsiasi altro aspetto della vita che si desideri migliorare.

Il principio alla base del metodo Kaizen è che, anche se i miglioramenti sono piccoli, se vengono attuati con costanza e perseveranza, alla lunga porteranno a grandi risultati. Il metodo Kaizen invita quindi a concentrarsi sui progressi ottenuti piuttosto che sulle imperfezioni o sui fallimenti.

In sintesi, il metodo Kaizen è una filosofia che promuove il miglioramento costante attraverso piccoli miglioramenti ripetuti nel tempo. Questo metodo si applica a tutti gli aspetti della vita e aiuta a raggiungere grandi traguardi per piccoli passi quotidiani.

“Il kaizen inizia con un problema, o più precisamente con il fatto di riconoscere che esiste un problema” (Masaaki Imai)

 

Secondo libro

  • Titolo: I 10 insegnamenti di Taiichi Ono
  • Editore: Franco Angeli; 1° edizione (9 settembre 2015)
  • Lingua: Italiano
  • Copertina flessibile: 192 pagine
  • ISBN-10: 8856840626
  • ISBN-13: 978-8856840629

Il libro è un’opera che presenta la figura di Õno, il padre del sistema produttivo Toyota, raccontata dal suo ex-collaboratore Yoshihito Wakamatsu. Grazie alla sua esperienza diretta accanto a Õno, Wakamatsu è stato in grado di assimilare la filosofia del Lean Thinking e di riportarne i principi fondamentali in dieci insegnamenti fondamentali. La perseveranza e la severità sono le caratteristiche principali che hanno permesso alla Toyota di diventare un’azienda di successo a livello globale. L’obiettivo del libro è quello di far comprendere al lettore l’essenza del metodo di lavoro Toyota e di aiutarlo a sviluppare un atteggiamento mentale che gli consenta di applicare i principi del Lean Thinking nella propria vita professionale e personale. Il libro è quindi una guida utile per coloro che desiderano gestire gruppi di lavoro o aziende imparando dai principi di Õno e del suo team.

Buona lettura per un futuro da Maker efficace ed efficiente 🙂

Il Maker delle decisioni – come risolvere un dilemma

Le domande che i ragazzi fanno in ogni anno scolastico sono molto simili, soprattutto quelle che coinvolgono le loro decisioni e i loro dubbi nell’affrontare l’organizzazione del loro studio e molte sono le medesime domande che accompagnano molti adulti per tutta la vita, compreso me:

  • come sono certa/o di scegliere il percorso universitario giusto?
  • Sono confusa/o e non so come decidere quali cose sono prioritarie rispetto ad altre?
  • Caos e ansia si accumulano nella mia mente e non riesco a gestire la complessità e la mole dei lavori da compiere, come posso risolvere questo problema?
  • Come si affronta un progetto?

Sono solo alcune delle decine di domande che mi sono state poste in passato.

E’ importante quindi strutturare il caos dei nostri pensieri utilizzando dei modelli che aiutano a ridurre la complessità in modo da concentrarsi su ciò che è essenziale.

I modelli ovviamente non sono regole fisse, ma una strategia per costruire un pensiero attivo e propositivo.

Ciò che andrò a scrivere in questo ed in successivi brevi post (quando riesco) non sono altro che un estratto dei miei diari di vita scolastica quotidiana, una collezione di pensieri e strategie tratte dalle mie letture e sperimentazioni sui modi per progettare e gestire la classe, una collezione di brevi procedure e schemi di comportamento utilizzati negli anni passati.

L’idea è di riprendere i mattoncini che ho utilizzato in passato per prendere decisioni o per costruire azioni didattiche, ovviamente fatene ciò che volete, io scrivo solo per non dimenticare ed amo considerare questi pensieri come il coltellino svizzero per la mia organizzazione.

Parto con qualcosa di tipico che coinvolge le decisioni che vengono considerate importanti:

Come risolvere un dilemma

Situazione:

  • sono combattuto nel continuare ad insegnare oppure scegliere un distacco dall’insegnamento che mi porterà a gestire progetti importanti di formazione e gestione di tecnologie didattiche, cosa devo fare?
  • Non so quale percorso universitario scegliere tra medicina e professioni sanitarie entrambe mi appasionano!
  • Vorrei trasferirmi in una città di mare, ma ciò mi porterebbe ad abbandonare un luogo di lavoro sereno e non so cosa mi riserva il futuro.

L’idea molto semplice per iniziare a risolvere il dilemma è quello di utilizzare il modello ad elastico.

Le domande da porsi sono:

  • cosa mi trattiene?
  • Cosa mi attira?

Attenzione a non confondere questo modello con le valutazioni:

  • quali sono i pro?
  • Quali sono i contro?

Il modello ad elastico pone le domande in positivo e pertanto entrambe le alternative potrebbero essere interessanti e coinvolgenti, quindi è un modo sereno per gestire la scelta e ridurre l’ansia.

Fate voi il passo successivo 🙂

Sperimentazioni didattiche: Pair Cooperative Learning

Fonte: Wikimedia

Come molti insegnati “di una certa età” 🙂 anche io mi trovo a ricoprire la funzione di docente tutor per colleghi neoassunti e con loro devo svolgere diverse attività: osservazione, insegnamento cooperativo nel condurre la lezione e molto altro.
Come proposta di attività di sperimentazione didattica mi sono inventato in questa settimana un metodo che nasce da un suggerimento del mio amico, compagno di studi e per anni compagno di lavoro, Paolo Sasso che durante una chiacchierata mi suggeriva di sperimentare a scuola una tecnica di organizzazione della produzione del software molto interessante che suo figlio sta utilizzando durante l’attività di “stage aziendale” remunerato che gli studenti delle università inglesi svolgono al 4′ anno di corso. Nel caso specifico si tratta di una progettazione di un software industriale sviluppato in team a distanza.

La tecnica utilizzata è quella del Pair programming, trovate indicazioni seguendo il link e da cui ho tratto per scrivere questo post. Si tratta di una tecnica di produzione del software agile condotta in coppia in cui due programmatori lavorano su una sola postazione.
I due programmatori, in modo periodico ed alternato assumono le funzioni di: conducente (driver) e navigatore (navigator).
Il conducente si occupa di scrivere il codice, mentre l’osservatore svolge il ruolo di supervisore e di revisione istantanea del codice.
Il conducente ha l’obiettivo di portare a termine una soluzione funzionante del problema, mentre il navigatore si occupa di segnalare errori o proporre alternative di soluzione al conducente e come indicato sopra i due programmatori cambiano spesso ruolo.

Come utilizzare questa metodologia durante lo sviluppo di un’attività di laboratorio a scuola?

Mi sono inventato una metodologia che ho chiamato: Pair Cooperative Learning che si basa sul Pair programming e a questo ho aggiunto un metodo per gestire i momenti in cui avviene lo scambio dei ruoli il tutto calato in una realtà didattica.
In realtà chiamarla forse metodologia è troppo, ma poiché mi diverte trovare strategie nuove di insegnamento mi piace elevarla al livello di metodologia 🙂

Ho sperimentato in questa settimana con la mia classe 4A Elettronica il metodo e ne ho perfezionato oggi, documentandone precisamente le fasi di azione in un mio documento personale. Condivido con voi il pensiero anche perché questa strategia sarà quella che mostrerò al collega neoassunto e che proporrò di sperimentare in alcune sue classi da solo ed insieme a me.

Per chi mi segue, sa che utilizzo da sempre la tecnica del Pomodoro per gestire il mio tempo di lavoro e in alcune occasioni anche il tempo di svolgimento delle esercitazioni che faccio svolgere in laboratorio agli studenti.

Lo sviluppo è quindi:

  • modalità di sviluppo: Pair programming;
  • modalità di gestione del tempo di lavoro: Tecnica del Pomodoro.

Ciò vuol dire che i ruoli si scambieranno ogni 25 minuti di attività in modalità Pair programming seguiti da 5 minuti di pausa vera in cui gli studenti devono riposare. Nei 25 minuti di lavoro in Pair programming non devono esserci distrazioni, quindi vietato chiedere: “Prof. posso andare a prendere un caffè?”, “Prof. posso andare al bagno?”, è vietato utilizzare smartphone e smartwatch, quindi bisogna allontanarli, non in tasca altrimenti si può venir distratti dalla vibrazione delle notifiche, ma riponendoli sulla cattedra o nello zaino personale.
Allo scadere dei 25 minuti ci saranno 5 minuti di pausa vera in cui riposarsi o andare al bagno.
Durante i 25 minuti non è possibile rivolgere domande al docente sulla svolgimento dell’attività, a meno che non si tratti di problematiche tecniche non conosciute dagli allievi. Dopo 4 pomodori (4 momenti lavorativi da 25 minuti) gli studenti sono obbligati a svolgere 15 minuti di pausa.

Per svolgere questa attività, adesso che sono in fase di sperimentazione, mi concentrerò su attività di laboratorio che possono essere iniziate e concluse in 2 o 3 ore continuative di lavoro.

Vantaggi rilevati:

  • concentrazione;
  • riduzione della distrazione;
  • capacità di suddivisione dei momenti produttivi da quelli di riposo;
  • imparare, a lungo termine, a valutare quanti “pomodori” sono necessari per svolgere una specifica attività;
  • percepire che si è protagonisti del proprio apprendimento;
  • percepire di aver risolto un problema;
  • cooperare con compagni di classe che solitamente non si sceglie per studiare e lavorare.

La formazione delle coppie di lavoro può avvenire in diverse modalità e sarà funzione sul livello di competenze raggiunto da ogni singolo allievo, pertanto potrà avvenire:

  • in modo casuale per ogni esercitazione e la casualità la si può ottenere con un programma facendo attenzione che in ogni esercitazione si formino sempre coppie diverse;
  • a scelta da parte del docente scegliendo in funzione delle competenze degli studenti.

Per velocità di sperimentazione questa settimana la scelta delle coppie di studenti è stata fatta da me ed un’altro collega.

Applicherò questa strategia venerdì prossimo nella mia 5B Automazione in cui gli studenti dovranno risolvere un problema di automazione mediante l’uso di PLC Siemens. L’attività, nei primi 25 minuti, prevederà un’analisi del sistema mediante lo sviluppo di un diagramma di flusso e nei successivi 25 minuti la produzione del codice in LADDER o FBD dell’automazione che dovrà essere poi simulata. La conclusione deve avvenire durante due ore di lezione.

Il metodo ovviamente è applicabile anche ad altri livelli scolastici, potrebbero essere ad esempio lo sviluppo di un’attività di Storytelling con Scratch 3 per allievi di scuola media o dei primi anni delle superiori, o ancora potrebbe essere un’attività non informatica in cui il processo può essere condotto in Pair Cooperative Learning.

Spero che questa mia sperimentazione possa essere utile anche ad altri colleghi e nel caso di vostre variazioni e migliorie vi chiedo la cortesia di comunicarmele in modo che a mia volta possa adottarle nelle mie classi.

Grazie Paolo per il suggerimento.

Buona didattica a tutti 🙂

Metodologia Double Diamond per progettare attività didattiche di laboratorio

Durante le attività di laboratorio molto spesso i ragazzi si trovano nelle condizioni di dover sviluppare per intero un progetto in cui devono realizzare artefatti fisici complessi, in cui vengono fornite da me o altri colleghi le specifiche del progetto mediante una lezione in cui si espone il problema da risolvere, questa è ad esempio un’attività tipica durante un progetto di PCTO. Molto spesso la difficoltà maggiore da parte dei ragazzi è proprio quella di definire con chiarezza il problema nell’attività di progetto.
Come sempre insisto sulla parte di organizzazione del lavoro e progettazione collaborativa e non sempre tutto ciò viene recepito.

A tal proposito qualche giorno fa, durante un confronto con amici su una progettualità sviluppata da studenti del Politecnico di Milano insieme ad Hackability, si faceva proprio riferimento alla Metodologia Double Diamond, che avevo illustrato tempo fa durante alcuni miei corsi di formazione e che credo possano tornare utile ai miei studenti e sicuramente mostrerò durante il mio prossimo corso sulla Didattica Laboratoriale presso il FutureLabs dell’ITIS Pininfarina.

Al fondo di questo post trovate risorse utili per lo studio e la progettazione da cui sono tratte alcune cose riportate in questo post e che utilizzo attualmente per lo sviluppo di qualsiasi progetto mio, anche di carattere didattico.

Il British Design Council nel 2005 sviluppò il concetto di Double Diamond, proponendo un modello di processo di progettazione costituito da 4 fasi, nelle quali si alterna pensiero divergente e poi pensiero convergente. Il primo diamante (rombo) rappresenta l’area della ricerca o di esplorazione, il secondo diamante l’area del design cioè la fase in cui viene progettata la soluzione.

Fase divergente

La fase divergente consiste nell’esplorazione, la fase che ci consente di ampliare il punto di vista, quindi: nostre idee o idee che potrebbero giungere da una ricerca, quindi informazioni e dati. Nella fase divergente apriamo il nostro punto di vista, assumiamo il comportamento dell’esploratore, è una fase creativa in cui non bisogna applicare filtri alla nostra creatività e ricerca, non bisogna preoccuparsi se un’informazione è realmente utile e fattibili per la realizzazione del progetto.

Fase convergente

La fase convergente è quella logica, analitica in cui si analizza in modo critico la fase precedente e quindi si procede ad una selezione delle informazioni raccolte nella prima fase e che corrispondono alle specifiche del progetto.

Unendo le due fasi otteniamo il diamante.

La metodologia si sviluppa secondo lo schema seguente, in cui abbiamo due fasi:

  • la fase di RICERCA in cui si effettua un’esplorazione del problema
  • la fase di DESIGN in cui si progetta la soluzione

Nel primo diamante abbiamo la fase di esplorazione/scoperta seguita da una fase analitica di definizione, in cui i dati raccolti nella precedente fase vengono analizzati in modo da essere in grado di definire le priorità che porteranno alla definizione del problema.

Nel secondo diamante si parte con con lo sviluppo, però assumendo nuovamente un atteggiamento creativo e divergente in cui si analizzando la maggior parte di soluzioni possibili senza tener conto della fattibilità delle stesse, dopo di che si entra nella zona convergente in cui si selezionano le soluzioni più adatte per risolvere il problema, che verranno raffinate al fine di realizzare un prototipo.

La fase terminale del processo, la consegna, nell’attività laboratoriale può essere considerata l’unione di: prototipazione dell’oggetto e di test. Ovviamente, come esposto nella prima immagine di questo post, sarà possibile tornare alla fase di sviluppo nel caso in cui si abbia bisogno di migliorare o correggere la soluzione proposta con il prototipo.

Per approfondire l’argomento vi rimando ai seguenti articoli tratti principalmente dal sito del design council che ho utilizzato spesso per sviluppare sperimentazioni didattiche:

Consigli di lettura:
per applicazioni in campo didattico: CPS = Creative Problem Solving

Buona progettazione a tutti 🙂

Amore a prima vista: Excalidraw

Insegnando e facendo video lezioni uso spesso lavagne online, tra le applicazioni che uso di più Janboard di Google, ma in questi giorni non posso fare a meno di utilizzare Excalidraw, che ho conosciuto guardando le lezioni settimanali di Ludovico e Jaga su Kubernetes e molto altro.

Da sempre utilizzo il mio blocco appunti cartaceo per disegnare cose che sto cercando di capire e che voglio spiegare, quindi agisco all’inizio di ogni mio progetto in modo analogico 🙂

Online trovate moltissime applicazioni che potete utilizzare per creare diagrammi a blocchi, diagrammi di flusso ecc… ma nulla è così efficace come disegnare su un foglio di carta.

Ritengo che nessuna applicazione web per disegnare diagrammi, in cui si utilizza mouse o tavoletta grafica, può sostituire la libertà del disegno a mano libera su carta, ma molto spesso ho l’esigenza di condividere velocemente durante una video lezione, testo semplice e forme da collegare con frecce e per questo motivo potrebbe essere interessante utilizzare Excalidraw.

Piccola analisi sui pregi e difetti dell’uso di carta e penna.

Perché carta e penna è così efficace?

  • Tolto il costo della carta, non ci sono costi aggiuntivi;
  • completa libertà in ciò che disegnate: disegni, testo, forme, frecce e pasticci vari che ci vengono in mente;
  • non dovete collegarvi su nessun sito, prendete il foglio di carta ed iniziate, quindi immediatezza;
  • potete aggiornare il disegno, potete aggiungere note ad ogni parte del disegno anche in momenti diversi;
  • non rischiate di cancellare la pagina, una volta che avete diegnato tutto rimane in modo permanente.

Ma un’applicazione aggiunge qualcosa di più:

  • collaborazione del disegno, infatti risulta difficile condividere un disegno mentre state facendo una video lezione;
  • la carta occupa la mia scrivania e molto spesso perdo i fogli tra pagine di libro o  nascoste sotto schede elettroniche;
  • sicurezza, non molto rilevante nel mio mestiere, ma alcune volte si realizzano disegni con appunti riservati e quindi siete obbligati a strappare periodicamente in mille pezzi il foglio di carta;
  • il nostro Pianeta. Usare la carte non è molto sostenibile.

Excalidraw funziona interamente online in modo crittografato ed completamente open-source, su GitHub l’app ha più di 10.000 like. Proverò ad usarlo la prossima settimana  quando farò lezione, soprattutto quando dovrò spiegare ai miei studenti come funzionano sketch Arduino e circuiti elettronici.

Tutte le forme sono rese semplici in modo che il tutto sia veloce, potete aggiungere il testo facendo un doppio click in qualsiasi zona del foglio da disegno. Il piano di lavoro ha una dimensione infinita, ogni elemento può essere organizzato a livelli e potete assegnare un grado di trasparenza. Tutti i colori degli oggetti e dello sfondo possono essere selezionati da una tavolozza o tramite i codici esadecimali HTML standard.

Una delle caratteristiche più belle è la sicurezza e la capacità di condivisione dei disegni stessi.

Excalidraw memorizza tutti i disegni sul server come BLOB,  crittografati, questo vuol dire che anche se i dati sono conservati in remoto, nessuno sul server può vedere il contenuto. I disegni persistono tra le visite e possono essere esportati in formto PNG, SVG oppure condivisi solo come collegamento che include il riferimento al BLOB e la chiave di decrittografia.

Dal momento in cui iniziate a costruire il diagramma potete velocemente generare un link di condivisione da consegnare ai vostri studenti in modo che possano vedere e modificare il disegno. Può quindi essere resa collaborativa la produzione di un disegno e vedere in tempo reale la modifica del vostro disegno fatta da un altro utente.

Quindi se dovessi spiegare come funziona questo codice:

if (inputPin < 500)
{
   doThingA;
}
else if (inputPin >= 1000)
{
   doThingB;
}
else
{
   doThingC;
}

Il diagramma di flusso con Excalidraw sarebbe:

Attenzione però che Excalidraw non sostituisce altre applicazioni come ad esempio: Disegni Google, Lucidchart o Draw.io, tutti questi sono strumenti ottimi per diagrammi complessi in cui è richiesto un grado di precisione più elevato.

Quindi, come già affermato all’inizio di questo post, non è la soluzione perfetta per disegnare grafici e disegni, ma sicuramente è un modo estremamente veloce e sicuro per condividere un disegno.

Lascio a voi scoprire tutte le funzionalità dell’applicazione.

Buon lavoro 🙂